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e-borghi travel 42, Speciale valli e borghi preziosi: Pietre preziose in Piemonte

A caccia di oro e pietre preziose: L’Italia non è famosa per mete che hanno acceso la corsa all’oro o la ricerca spasmodica di gemme dal valore inestimabile. Eppure l’idea che pietre e metalli preziosi provengano solo da paesi esotici o comunque lontani dalla Penisola non è una verità assoluta. In realtà anche nel Belpaese esistono giacimenti nascosti nelle montagne, pareti di origine vulcanica da cui possono affiorare cristalli di bellezza straordinaria e letti di fiumi dove cercare pepite e pagliuzze d’oro. Non si tratta di un’attività redditizia, ma sicuramente di un passatempo gratificante, che attrae molti più estimatori di quanto si pensi. Una delle aree più fertili da questo punto di vista è l’Alto Piemonte, con il Massiccio del Monte Rosa, che cela al suo interno uno dei comprensori auriferi più grandi e in parte ancora non sfruttati d’Europa. Ma non è il solo. In alcuni versanti della Val Vigezzo, una delle sette valli che si diramano dalla Val d’Ossola, è possibile ammirare una delle pietre più ambite e difficili da trovare al mondo: lo smeraldo.

Lo smeraldo della Val Vigezzo

Al confine tra l’Alto Piemonte e la Svizzera si apre la Val Vigezzo, nota anche come la valle dei pittori perché fin dal Settecento ha ispirato gli artisti locali per il suo paesaggio incantevole. Con la sua forma a “U” si differenzia dalle altre valli ossolane, perché è l’unica a essere attraversata da due torrenti che scorrono in sensi opposti generando un’ampia vallata pianeggiante a circa ottocento metri di altezza. Un altipiano di origine alluvionale in cui i boschi di faggi, i laghetti e i pendii dolci fanno da cornice a borghi e baite immerse nel verde. Ma la Val Vigezzo non regala solo panorami mozzafiato. L’attività vulcanica risalente a milioni di anni fa ha lasciato in questo luogo un tesoro che solo gli appassionati di mineralogia conoscono. Si trova sul versante nord-ovest delle montagne che la abbracciano, precisamente sotto la vetta del Pizzo Marcio, salita agli onori della cronaca per i pregevoli cristalli di berillo, varietà smeraldo, riaffiorati da un filone di albitite a circa 1.900 metri di quota.

La fortuna della pietra verde

Simbolo di speranza e giovinezza, la storia dello smeraldo risale all’Antico Egitto, quando già Cleopatra riteneva che fosse l’unica pietra degna della sua bellezza. Le sue sfumature sono simbolicamente legate alla primavera, mentre la parola smeraldo viene dal greco “smáragdos”, che significa “gemma verde”. Il colore deriva dalle tracce di cromo, vanadio e ferro, le cui concentrazioni all’interno della pietra ne determinano le sfumature che variano dal verde pastello al verde scuro, ma anche dal giallo al bruno. Quella che si trova sotto la cima del Pizzo Marcio è una varietà di berillo piuttosto rara e per questo particolarmente ambita dai collezionisti. I cristalli si presentano in forma esagonale, solitamente sono di colore verde opaco, tendente all’azzurro. La qualità del berillo della Val Vigezzo non è paragonabile a quella di smeraldi rinvenibili in altre aree del mondo, ma questo non toglie nulla alla bellezza di questa pietra e all’emozione che si prova se si ha la fortuna di scoprirla.

L’oro del Monte Rosa

In Piemonte c’è una valle che per secoli ha convissuto con i cercatori d’oro. È la Valle Anzasca, ai piedi della parete est del Monte Rosa, con le sue decine di miniere aurifere che un tempo erano le più importanti d’Italia. Quella più famosa è la Miniera della Guia, chiusa agli inizi degli anni Sessanta, e oggi un must per quei visitatori che vogliono fare un salto nel passato e ammirare autentici filoni di pirite auriferi. Chi preferisce una ricerca attiva del nobile metallo, deve invece sapere che in Piemonte ci sono diversi fiumi che dai ghiacciai dell’arco alpino scendono a valle trasportando l’oro di origine alluvionale. Il luogo più attraente per questo tipo di “caccia” è il fiume Elvo, che dal Monte Mars si dirige verso la piana del biellese fino a costeggiare il paesaggio della Riserva naturale della Bessa, figlio anch’esso di una delle più grandi miniere d’oro a cielo aperto dell’antichità. Questo fiume, insieme ai suoi affluenti, attira ogni settimana decine di curiosi e appassionati che setacciano il corso d’acqua alla ricerca di luccicanti scaglie dorate.

Di Amina D’Addario

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